Il 21 Gennaio (2011), esce in prima visione, nelle sale cinematografiche Italiane, il film “Gli Angeli del Male”.
Il 21 Gennaio (1950), per una triste coincidenza, è anche la data di nascita di Renato Barborini, il poliziotto della Polizia Stradale di Seriate (BG) che il 6 febbraio del 1977, al casello di Dalmine, fu ucciso, con il collega, Maresciallo Luigi D’Andrea, dalla banda Vallanzasca.
La madre di Barborini, la Signora Maddalena, intervistata in questi giorni dai giornalisti ha risposto : “Ogni volta che mi parlano di Bergamo sento un nodo alla gola. Son passati più di trent’anni, ma sa che quando penso a mio figlio quei trent’anni passano come fossero 30 secondi? A volte non voglio ancora crederci. Purtroppo però non vogliono lasciarmi in pace, mi buttano addosso il passato più triste. La televisione, quasi ogni giorno, mi dà modo di tornare indietro con il pensiero. In questi giorni poi. Continuano a parlare di questo film di Michele Placido su Vallanzasca. Io davvero non ho parole. Ma un artista come Placido non ha pensato a noi? Non si è preoccupato di vedere se poteva farci del male? Si vergogni. Non mi ha chiamato proprio nessuno. Quando ho saputo del film ho pensato – mamma mia, siamo caduti in basso-. Quando in giro vedo i cartelloni del cinema mi giro dall’altra parte in questi giorni”. “Mio figlio Renato: non avrei mai pensato di dargli lo stesso nome di chi l’ha ucciso. Eppure è stato così. Era così contento di aver trovato quel posto alla stradale di Seriate, era distaccato lì. Quel giorno, del 6 febbraio, io ero al lavoro in un paese qui vicino, quando ho saputo, tramite la radio. Nessuno mi aveva avvertito. Ricordo come ora che mi tremarono le ginocchia. Renato aveva compiuto gli anni da poco: era nato il 21 gennaio del 1950. “E’ un regalo triste, tristissimo, non mi faccia dire altro. Si vergognino, io ancora oggi chiedo a mio figlio Renato di darmi la forza di andare avanti”.(….intervista tratta da Bergamo News – Quotidiano Online).
La vedova Gabriella Vitali, moglie di Luigi D’Andrea, l’altra povera vittima trucidata a Dalmine quel maledetto 6 febbraio, in un intervista di alcuni mesi fa, dichiarava : “È un errore fare un film su un personaggio che sta scontando 260 anni di carcere per rapine, sequestri e omicidi: dovrebbe pagare i suoi debiti circondato dal silenzio, invece, come è già successo tantissime altre volte, viene messo sotto i riflettori. Cosa ho pensato quando l’ho saputo? Non mi ha fatto piacere. Credo che non sia giusto dare visibilità a persone che coi loro reati hanno provocato tanta sofferenza. Per i familiari delle vittime ogni volta che viene dato spazio a questi personaggi è come rivivere momenti terribili. Inoltre si lancia un messaggio sbagliato alle nuove generazioni: si dà l’impressione che chi compie crimini orrendi alla fine non paghi i suoi debiti fino in fondo. Quando uno uccide dovrebbe scontare la sua pena in silenzio, non finire su tv e giornali per ogni cosa che fa o addirittura diventare come in questo caso il soggetto di un film”. (….intervista tratta da L’Eco di Bergamo).
Tutto questo non può non indignare qualunque collega e qualunque essere umano. Non si può essere così cinici da speculare inutilmente sul dolore di persone oneste e sul sacrifico di grandi eroi della vita quotidiana. Non si può rimanere impassibili verso questa carneficina di sentimenti e questa irriverenza verso i simboli più alti del senso civico. Non è etico guadagnare i soldi sulle sporche vicende di inumani criminali. Non si può non essere addolorati e mortificati dalle parole d’amore espresse da quelle due donne. QUESTA NON E’ CIVILTA’, QUESTO NON E’ GIUSTO!!!
Stefano Memoli